Li ascolto parlare di Libertà con la stessa forza di un giovane liceale che inizia a studiare la storia, la letteratura, la filosofia e comprende quali sono i valori fondamentali di una società, di uno stato.
Chiamati alle armi prima dell’8 Settembre del ’43, decisero, quando tutto sembrava crollare intorno, che l’Italia era una e doveva tornare libera. Il loro essere giovani di diciotto e vent’anni li portò ad affrontare una storia che ai nostri occhi oggi sembra più grande di loro e forse lo era.
Partirono per il sud d’Italia e risalirono la penisola alleandosi con i nemici di pochi mesi prima cercando di conquistare il loro rispetto e giunsero alle pendici di Montelungo, per il loro battesimo del fuoco, dopo un tragitto interminabile, ed entrarono con tutti gli onori, per primi nel 1945, nella Bologna liberata, dopo immani patimenti e tante perdite.
Il loro ideale non li abbandonò mai e quando videro in che condizioni era ridotta la popolazione Italiana, per effetto dei bombardamenti e della fame, la loro voglia di lottare divenne ancora più forte.
Dalla voce dei molti che sono sopravvissuti i ricordi spesso si posano su fatti che hanno segnato il morale di tutti, come la sera prima dell’attacco, quando videro morire senza un lamento il Caporal Maggiore Alfredo Aguzzi che sdraiato raccontava di voler andare al più presto a Roma dalla sua ragazza. Una scheggia di mortaio lo trafisse proprio al cuore.
E dai corpi riversi in terra, dalle parole scritte in precedenza o gridate durante l’attacco arriva quel messaggio che rimarrà giovane per sempre perché è stato raccolto da chi è sopravvissuto e lo continua a tramandare, rimanendo in questo modo giovane fino all’ultimo dei suoi giorni.
Dal portafoglio del sottotenente Giancarlo Gay, caduto sulle rocce di Montelungo mentre assaltava un nido di mitragliatrici, appariva un lembo di tricolore con la scritta “Anima mia!”
Mario Cheleschi, nel suo testamento scritto il 30 Novembre del 1943 prima della partenza per il fronte, scriveva: “Lascio da uomo questa vita, non inquieto ma sereno, il Mistero dell’al di là è tanto grande!”
E i “bocia diciottenni” Bornaghi, Luraschi, Morelli, Santi, Sibilia, come li ricorda Leone Orioli, bersagliere della 3° Compagnia, erano ragazzi dell’Accademia navale di Brindisi, arruolati volontari nel Cinquantunesimo Bersaglieri per servire la patria, per liberare la nazione.
Non rinunciarono al loro ideale, sfidarono gli avvenimenti con il gusto per l’avventura, rimanendo per sempre giovani ai nostri occhi e a quelli di tutti coloro che salgono le scale bianche di marmo del Sacrario dove riposano i loro nomi.
Ho conosciuto la battaglia di Montelungo una mattina fredda d’Aprile dalle parole di Leone Orioli, un Bersagliere che aveva vissuto quei giorni ed era sopravvissuto.
Piccolo, coperto da cappotto sciarpa e cappello, con grandi guanti di pelle per sconfiggere un freddo per lui forse troppo gelido; appoggiato al muretto di quello che fu l’altare del primo cimitero del 67° Fanteria Legnano.
Ricordo ancora il vapore del suo alito mentre raccontava, sembrava non finire mai, tanti erano i ricordi e i pensieri che si affollavano nella sua mente.
Da quel giorno ho iniziato a interessarmi a quella battaglia e a tutto quello che fecero migliaia di soldati Italiani che decisero di non arrendersi, di non darsi alla macchia, ma di organizzarsi in reparti al seguito dei nuovi alleati.
Da quel giorno iniziai a scoprire che le pagine di storia di quei soldati non finiscono mai, tante sono le memorie e i fatti d’armi.
Paolo Farinosi, che ha voluto fortemente riunire in un unico libro tutti i racconti dei reduci, ha ricevuto quegli ideali che mossero il padre sulle rocce di Montelungo, cosi come Claudio Vigna, il nostro presidente e tutti gli altri che animano quest’associazione.
Nessuno della mia famiglia ha combattuto nella seconda guerra mondiale, ma sono stato accolto nell’associazione come uno di loro, sono stato avvolto dal quel filo cremisi fino a ricevere l’onore di chiudere questo libro al quale ho dedicato tutto il mio tempo e la mia passione insieme a Paolo.
Non saranno mai vecchi ai nostri occhi e a quelli delle prossime generazioni ogni volta che sfoglieranno questo libro o le copie successive che ci saranno negli anni.
Se hai curiosità organizza con i tuoi amici un viaggio a Montelungo; sali sul Sacrario, visita il museo e fai un’escursione lungo i percorsi storici che troverai segnati e se sarai stupito e meravigliato e ti domanderai “e dopo?” allora la tua giovinezza vivrà nello “stato dello spirito”, come il loro, come il nostro.
E se ci troverai lì a onorare, restaurare o semplicemente a guardare un’alba o un tramonto sarai sempre il benvenuto, questo è lo spirito dei Bersaglieri e di chi segue con lo sguardo le loro piume al vento mentre corrono verso il domani.
Discorso del Generale Mac Arthur ai Cadetti di West Point nel 1945
Luigi Settimi