Torino, 5 aprile 1944
“La Divina Provvidenza non ha concesso che io offrissi all’Italia sui campi d’Africa quella vita che ho dedicato alla Patria il giorno in cui vestii per la prima volta il grigioverde.
Iddio mi permette oggi di dare l’olocausto supremo di tutto me stesso all’Italia nostra ed io ne sono lieto, orgoglioso e felice! Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra Terra ad essere onorata e stimata nel mondo intero.
Lascio nello strazio e nella tragedia dell’ora presente i miei Genitori, da cui ho imparato come si vive, si combatte e si muore; li raccomando alla bontà di tutti quelli che in terra mi hanno voluto bene.
Desidero che vengano annualmente celebrate, in una chiesa delle colline torinesi due messe: una il 4 dicembre anniversario della battaglia di Ain el Gazala; l’altra il 9 novembre, anniversario della battaglia di El Alamein; e siano dedicate e celebrate per tutti i miei Compagni d’armi, che in terra d’Africa hanno dato la vita per la nostra indimenticabile Italia.
Prego i miei di non voler portare il lutto per la mia morte; quando si è dato un figlio alla Patria, comunque esso venga offerto, non lo si deve ricordare col segno della sventura.
Con la coscienza sicura d’aver sempre voluto servire il mio Paese con lealtà e con onore, mi presento davanti al plotone d’esecuzione col cuore assolutamente tranquillo e a testa alta.
Iddio mi permette oggi di dare l’olocausto supremo di tutto me stesso all’Italia nostra ed io ne sono lieto, orgoglioso e felice! Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra Terra ad essere onorata e stimata nel mondo intero.
Lascio nello strazio e nella tragedia dell’ora presente i miei Genitori, da cui ho imparato come si vive, si combatte e si muore; li raccomando alla bontà di tutti quelli che in terra mi hanno voluto bene.
Desidero che vengano annualmente celebrate, in una chiesa delle colline torinesi due messe: una il 4 dicembre anniversario della battaglia di Ain el Gazala; l’altra il 9 novembre, anniversario della battaglia di El Alamein; e siano dedicate e celebrate per tutti i miei Compagni d’armi, che in terra d’Africa hanno dato la vita per la nostra indimenticabile Italia.
Prego i miei di non voler portare il lutto per la mia morte; quando si è dato un figlio alla Patria, comunque esso venga offerto, non lo si deve ricordare col segno della sventura.
Con la coscienza sicura d’aver sempre voluto servire il mio Paese con lealtà e con onore, mi presento davanti al plotone d’esecuzione col cuore assolutamente tranquillo e a testa alta.
Possa il mio grido di “Viva l’Italia libera” sovrastare e smorzare il crepítio dei moschetti che mi daranno la morte; per il bene e per l’avvenire della nostra Patria e della nostra Bandiera, per le quali muoio felice!”
Franco Balbis
Fucilato il 5 aprile 1944
La sua storia:
Franco Balbis “Francis” (Torino, 16 ottobre 1911 – Torino, 5 aprile 1944) è stato un partigiano italiano. Capitano di artiglieria pluridecorato, entra a far parte della resistenza, insignito di Medaglia d’argento e Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
Franco Balbis, figlio di due insegnanti, frequentò l’istituto dei Salesiani ad Alassio e poi il liceo classico D’Oria a Genova. Si arruolò alla Regia Accademia di Artiglieria e Genio di Torino per seguirne il corso ufficiali, e ottenne il grado di capitano di artiglieria in Servizio di Stato maggiore dopo aver frequentato la Scuola Superiore di Guerra, sempre a Torino.
Partì come volontario per la guerra in Nord Africa, combatté il 4 dicembre 1941 ad Ain el Gazala ed il 9 novembre 1942 ad El Alamein, ottenendo una Medaglia di bronzo e una Medaglia d’argento al valor militare, mentre Erwin Rommel lo insignì della Croce di Ferro di 1ª classe.
Venne trasferito nel teatro di guerra croato e dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 tornò a Torino unendosi ai partigiani del 1º Comitato militare regionale piemontese (CMRP) col nome di battaglia di “Francis”, svolgendo compiti di collegamento e controspionaggio.
Il 31 marzo 1944 fu catturato da membri della Federazione dei Fasci Repubblicani nella sacrestia della chiesa di San Giovanni a Torino, assieme ai compagni, mentre si teneva una riunione clandestina del CMRP.
Incarcerato e processato a Torino nei giorni 2 e 3 aprile, venne condannato a morte a seguito del suo rifiuto ad entrare nell’esercito della Repubblica sociale e fucilato il 5 aprile nel Poligono Nazionale del Martinetto di Torino da un plotone della Guardia Nazionale Repubblicana.
Insieme a lui furono uccisi: Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Braccini, Errico Giachino, Eusebio Giambone, Massimo Montano e il generale Giuseppe Perotti.
Gli furono conferite la Medaglia d’argento e la Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
Fonte dati: Wikipedia