Tra mito e realtà
di Alessandro Farris
Con questo articolo mi prefiggo di chiarire quanto è ancora divulgato in ambito di racconto orale o di sentito dire senza essere stato visto. Questo articolo si occuperà degli aeroplani italiani che affrontarono il secondo conflitto mondiale.
E’ opinione diffusa che gli aerei italiani del secondo conflitto mondiale siano stati inferiori ai loro avversari solo sul piano costruttivo,e su questo si fa riferimento ai biplani,in quanto ritenuti i soli aerei prodotti dalle industrie italiane.
La realtà smentisce questa fantasiosa idea.
Negli anni ’30 l’industria aeronautica italiana attraversa un momento di splendore.Aerei italiani sono quelli più veloci (vedere record di velocità per idrovolanti stabilito nel 1934 da Francesco Agello), quelli che compiono raid a grande distanza (Roma – Addis Abeba e ritorno), ma in questo clima di entusiamo avvengono interventi esterni che si riveleranno dannosi.
I motori degli aerei italiani di quegli anni sono in linea, ovvero come oggi si vedono nei piccoli aerei da turismo.Proprio grazie ai motori in linea che verranno compiuti record di velocità come quello sopra citato.
La notizia sconvolge l’ambiente motoristico italiano.Non se ne comprende la ragione, ma da Roma chiariscono subito : un motore radiale è meno vulnerabile alle pallottole nemiche.
L’industria italiana aveva abbandonato questo tipo di motore dopo la prima guerra mondiale in quanto, con i mezzi a propria disposizione, non era riuscita a costruire motori di grande potenza e così si era messa a costruire motori in linea. L’aereo di Agello ne ha addirittura due di motori, collegati da un albero motore, per una potenza di 3000 cavalli complessivamente.
Dopo questa direttiva le industrie italiane devono partire da zero.
Non avendo materiali di questo tipo nei depositi, decidono per l’acquisto di motori radiali dall’estero per poi in seguito costruirli su licenza.
L’aereo italiano da caccia fino a quel momento è il CR32.Un caccia con motore in linea da 600 cavalli.Biplano, ma armato con 4 mitragliatrici ; 2 da 12,7 mm e 2 da 7,7 mm.
Questo armamento è il migliore di cui può disporre un caccia in quel periodo.( Il monoplano ME 109 B è armato con 3 mitragliatrici leggere)
Grazie alle importazioni dall’estero e ai motori costruiti su licenza nasce il CR42.Sempre biplano, ma con un motore da 840 cavalli. Se il motore risulta potenziato, l’armamento invece risulta diminuito.Infatti il nuovo caccia è armato con solo 2 mitragliatrici da 12,7 mm.
Si corre ai ripari.
Nascono due aerei monoplani e con carrello retrattile.Sono il G.50 e il MC.200.
Questi aerei hanno lo stesso motore del caccia CR42, e purtroppo anche la stessa velocità.Questa non è una nota lieta in quanto si sperava che, passando dalla formula biplana a quella monoplana, gli aerei costruiti potessero guadagnare in velocità.
Questo non avviene e i due nuovi nati sono anche afflitti da problemi che il CR42 non presenta ; quali la pesantezza strutturale e la minore affidabilità del motore.
L’entrata in guerra coglie l’Aeronautica italiana in preda alla ripresa dopo la guerra di Spagna, nella quale aveva colto molti successi, però dovuti sia all’imperizia dei piloti avversari che alla vetustà delle macchine di volo.
I circa 600 caccia italiani sono principalmente di 3 tipi : CR42, G.50 e MC.200.
Hanno in comune il motore e l’armamento, ma il fatto di essere già 3 come tipi, quando ne sarebbe bastato uno solo, complica la fragile linea logistica italiana.
La guerra contro la Francia segna l’ingresso in combattimento dei CR42.I quali hanno vita facile finquando colpiscono bersagli a terra, ma l’incontro con la caccia francese ridimensiona la realtà.
I caccia francesi sono i DE520, caccia monoplani armati di 4 mitragliatrici e 1 cannoncino.
I caccia italiani, pur in superiorità numerica, rimediano solo meschine figure.La breve durata della guerra esclude guai peggiori e le condizioni dell’armistizio fanno avere all’Italia parte di questi caccia.
Ma in Italia, non s’impara la lezione e i caccia francesi, invece di essere un chiarimento di tecnica costruttiva, verranno affiancati ai caccia italiani quali supporto.
Il tardo 1940 fa debuttare l’Aeronautica italiana in altri due teatri operativi : la battaglia d’Inghilterra e l’invasione d’Egitto.
La missione contro l’Inghilterra fu decisa da Mussolini per motivi di prestigio, in quanto riteneva che se la Luftwaffe bombardava l’Inghilterra, l’Italia non poteva restare in disparte.
Viene allestito un corpo di spedizione.Caccia come il CR42 e il G50 si preparano ad affrontare i più insidiosi e non solo caccia inglesi, quali lo Spitfire e l’ Hurricane.
Gli esiti del mese di combattimenti aerei, nei quali gli aerei italiani affrontano anche il clima ostile, sono negativi e gli inglesi arrivano a catturare piloti italiani atterrati in Inghilterra per termine del combustibile.
Questa campagna militare si conclude e ne inizia una nuova : l’Egitto.
Anche qui il clima comanda e gli aerei italiani devono vedersela in condizioni difficili senza averne l’equipaggiamento idoneo.
Risulteranno aerei perduti più per il clima che per le azioni nemiche.
La campagna di Egitto termina a Sidi el Barrani e da lì non si muoverà fino alla controffensiva britannica.
Un’ altra campagna militare si inserisce a complicare questo fosco quadro. La campagna di Grecia, una campagna senza gloria e con soli lutti e dolore.
L’anno si conclude con la flotta italiana decimata a Taranto da attacco aereo inglese e con crisi in Grecia.
L’industria che aveva costruito il MC.200 interviene di propria iniziativa e così acquista alcuni motori tedeschi, che al contrario di quelli italiani sono in linea, e con quelli rimotorizza gli MC.200.Nasce così il MC.202. Pulito, filante, veloce, ma con il vecchio difetto degli aerei italiani del tempo : l’armamento.Anch’esso manterrà le 2 mitragliatrici da 12,7 mm.Questo in nome della manovrabilità, ma che lo renderà inferiore ai caccia inglesi che volano in quel periodo.
Il nuovo caccia non verrà impiegato immediatamente al fronte.Verrà munito di filtri antisabbia per il deserto e quest’operazione lo farà entrare in azione dopo l’arrivo in Africa di Erwin Rommel, il quale era intervenuto su ordine del Comando Supremo tedesco preoccupato della disfatta italiana.
Il nuovo caccia, una volta attato per combattere in Africa, dato alle mani di piloti esperti si dimostra valido e così gli aerei italiani possono trionfare sui caccia avversari.
Un ostacolo di natura non tecnica si contrappone agli aerei italiani.Questo è la produttività delle industrie italiane.Le industrie italiane non riescono a produrre più di 40 MC.202 al mese, mentre i vari fronti ne reclamano molti di più e in più i motori italiani costruiti su licenza, dato che i tedeschi non potevano dare motori a getto continuo agli italiani, si dimostrano inferiori e con problemi tipici dei motori italiani, quali l’affidabilità e l’autonomia.
Tuttavia non si trova soluzione e i prototipi che nascono in quel periodo non portano altro che sottrazione di tempo e risorse, i quali erano carenti per le industrie italiane.
Si ricorre ai caccia francesi di preda bellica, ma i risultati sono negativi.L’assenza di parti di ricambio e il miglioramento tecnologico dei caccia britannici rendono tali aerei superati.
L’entrata in guerra degli Stati Uniti d’America porta nuovi mezzi agli inglesi, anche se al momento non decisivi sui cieli del Mediterraneo.
Gli aerei italiani devono coprire il cielo delle truppe impegnate nel deserto e il cielo dei convogli navali che riforniscono le truppe combattenti in Africa, ma come detto la scarsa produttività delle industrie non permette facilità nei due compiti gravosi di cui di deve occupare l’Aeronautica.
Per vedere un caccia italiano armato di cannoncino si deve arrivare al 1943.Ma è tardi.Troppo tardi.
Migliorano sia il G.50 e diviene G.55 (armato con 2 cannoncini e 2 mitragliatrici) sia il MC.202 che diviene il MC.205 (armato con 4 cannoncini).
Questo progresso avviene grazie, nuovamente, all’acquisto di motori tedeschi, i quali rendono gli aerei italiani in condizioni migliori contro i caccia anglo-americani.
Si giungerà, all’armistizio, senza che i nuovi caccia siano stati distribuiti in numero sufficiente ai reparti.
Scarsa produttività delle industrie, direttive governative errate, gap tecnologico rendono gli aerei italiani inferiori ai rivali stranieri.Non si deve ritenere che, l’industria italiana non sapesse costruire, ma di fronte ad un sistema governativo che voleva tutto senza tener conto di come poteva ottenerlo, anche un’industria diversamente operativa sarebbe stata in difficoltà, così come la fu l’industria tedesca.Questa è un’altra storia e non è tema di questo articolo.
Autore: Edizioni Bizzarri Roma
Titolo: Aerei italiani nella seconda guerra mondiale